Giovanna Spantigati

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Senza rabbia

I miei articoli

Stamattina, appena sveglia, ho cercato la rabbia. Ma non l'ho trovata. "Non capisco, eppure era qui..." mi dico e non poco perplessa. Quella molla che scattava in me quando il mondo mi si ribaltava contro, quel dolore dato dal senso di profonda ingiustizia che mi faceva reagire con un meccanismo di difesa pronto ad aggredire il primo che passava, quella frase che mi ripetevo "qualcuno deve pagare" per cui mi rifacevo sul primo malcapitato, quel desiderio di rivalsa ancorato ai demoni di un potere assoluto, quel dirigere tutto lo sfogo su non importa chi, quella forma di sadismo che mi procurava un godimento immenso, tutto questo non c'è più. Mi guardo intorno, con un vago senso di vuoto, cercando la presenza di una me stessa che non trovo. E' una sensazione strana, io non so se l'avete mai provata. Non mi sento nè orfana, nè più ricca, ma mi sento come se si fosse sciolta una parte di me. E' come se, senza preavviso, ma lentamente, avesse fatto la valigia e se ne fosse andata. Senza nemmeno un biglietto. Vorrei credere di essere diventata una persona migliore, ma non è nemmeno così. Non ho nè la soddisfazione nè il rimpianto. Sto solo curiosamente osservando il cambiamento.

E questo invece mi fa sorridere e mi diverte. Nella mia vita, quando da giovane ho iniziato a capire che ci sono ingiustizie e che, nonostante il dolore provato molto spesso non puoi cambiarle, il desiderio di vendetta è sempre stato un accanito atteggiamento di difesa. E la vendetta sparava dopo poche ore. Dopo il dolore, il senso di frustrazione, un cinismo forte e astuto, dirigeva tutte le sue forze contro la prima situazione che mi sarebbe capitata a tiro. Un meccanismo di difesa indispensabile per la mia sopravvivenza, un bisogno che la rabbia trasformava per aiutarmi a non soccombere. Piccole soddisfazioni che diventavano di enorme importanza per mantenere in vita il mio ego. 27 marzo, mi si scapicolla nella vita l'ennesima pugnalata. Osservo il pugnale, lo ridimensiono. Non perdo la calma. Piango, mi sfogo, ma cerco una soluzione. Passano due giorni e mi guardo intorno. Quella parte di me che emergeva dal fango della distruzione, mi accorgo, con stupore, che non si è nemmeno presentata. I miei tempi di reazione, da persona impulsiva, sarebbero stati esplosivi. Nell'arco di poche ore la lava incandescente del dolore avrebbe fatto terra bruciata intorno. E invece sono qui a chiedermi "ma dov'è?" Il silenzio. Spazzata via dal vento. Non sento più il bisogno. E capisco cosa significhi sentirsi liberi. Non significa che rinuncio a combattere per difendere i miei diritti. Non è la resa. E' solo quella piccola parte di me che implodeva senza controllo che misteriosamente non ha più motivo di essere. Vorrei tanto essere una persona migliore, e finchè vivrò cercherò di imparare. Ma questa è un'altra storia. Io sono qui solo per raccontare quanto sia meravigliosamente stramba la vita. E quanta pace ti dà l'abbandono dei bisogni. Anche se piccoli.

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