Giovanna Spantigati

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Andrea Pedrana

I miei articoli

Al cancello viene ad accogliermi un golden retriver, dolcissima ed intelligente che mi accompagna alla porta. La accarezzo, lei appoggia il muso sulla mia gamba ed io mi chiedo perché i cani intelligenti sono sempre quelli degli altri.

Ecco arrivare Dede, sulla sedia a rotelle, un gran sorriso e due occhi blu che ti fanno fare un tuffo nel mare. La sua casa è luminosissima, una sala e cucina enormi con gran vetrate semicircolari. Sul divano, che sembra voler raccontare storie di tanti amici passati di lì, un meraviglioso gattone rosso sonnecchia senza muovere un baffo. "Ti chiedo scusa per la casa, sai, è ancora in disordine", mi dice con finto imbarazzo Dede, che mi fa strada e mi fa accomodare in cucina. Macchè disordine, questa si che è una casa calda e accogliente! E mi piace veramente, qui si sente energia positiva.
Dede è il soprannome di Andrea. Grazie a facebook, quest'autunno, attraverso la rete di "amici degli amici" sono per caso arrivata a lui, o forse è lui che è arrivato a me. Onestamente non ricordo. Andrea Pedrana è nato con una disabilità: l'acondroplasia (deficit di statura). Col passare degli anni la sua schiena ha iniziato a dargli grossi problemi e lui si è sottoposto recentemente ad un intervento in Francia, sperando di eliminare i dolori e di poter riacquistare l'uso delle gambe. Purtroppo così non è andata. Coma per 12 giorni, un sogno che si è trasformato in un incubo, 12 giorni di vita parallela, il ritorno alla vita reale.
Il male non è passato, la disillusione è stata grande e lui si sente svuotato e senza energia. Ma non si lamenta mai. La sua è una semplice constatazione. E c'è una bella differenza. Il suo volto non è triste. Nei suoi occhi c'è sempre il mare.

Andrea ha pubblicato un romanzo: "La casa di Tolkien", edizioni Nutrimenti, scritto a quattro mani con Roberta Pellegrini e la curiosità di conoscere colui che, a intuito, avevo capito essere "un bel personaggio" è stata tale da rendermi sfacciata e chiedergli un appuntamento per conoscere la sua storia e per poterla raccontare.
Dede, colui che ha trasgredito mille e più regole, una vita intensamente vissuta, questa mattina mi ha raccontato a sprazzi, con salti e voli pindarici, una minima parte dei suoi 50 anni. La mattinata è volata, ed io ero affascinata da quest'uomo che sinceramente dimentichi sia una persona disabile con un vissuto di difficoltà, frustrazioni, dolori. Una sigaretta dietro l'altra, si spostava nervosamente da un lato all'altro del tavolo con la sua sedia a rotelle. Non se n'è accorto, ma io sorridevo pensando che se fosse stato in piedi avrebbe camminato avanti e indietro fra la cucina e il salotto. Mi mostra le foto della sua bellissima compagna, di suo figlio (un viso d'angelo) di 12 anni avuto dal precedente matrimonio e dei loro viaggi intorno al mondo. Dede ha ottenuto l'affidamento congiunto di suo figlio ed è un'esperienza che descrive "fantastica". "E bellissimo fare il mammo". E così mi racconta di quella volta quando il bimbo era piccolo e lui, che lo portava in giro tenendolo sulla pancia con un enorme foulard fissato come un' imbragatura, cadde in avanti, ma che grazie ad uno scatto che definirei "atletico" è riuscito ad evitare il peggio. E tante altre situazioni di vita quotidiana, difficili ma non impossibili, affrontate con il sorriso, con la fortuna degli audaci. Vita ad ostacoli, ma la sua volontà, la sua voglia di vivere gli impediscono di vedere il bicchiere mezzo vuoto. Ed ecco che la sua vita diventa un'entusiasmante racconto di avventure, viaggi, lavori, goliardate. Non so cosa chiedergli, lascio che si racconti. Dede ha un sacco di progetti, sta scrivendo un altro libro, ha progetti per programmi televisivi sia che riguardino la disabilità sia che non abbiano nulla a che fare con la stessa.
E mi dimentico di nuovo della sua condizione e dei suoi trascorsi.

La musica che viene dal suo magnifico pc nella sala, uno squisito caffè fumante, un'altra sigaretta… Dede non gioca a fare il duro, è semplicemente uno che man mano che si trova davanti ai problemi li affronta "come una sfida", dice lui. Un solo ricordo delicato e amaro, che decide di condividere con me. Quando aveva 6 anni i suoi amichetti l'hanno preso da parte e gli hanno detto: "Noi non ti vogliamo più perché sei piccolo". E lui è corso dalla sua mamma, piangendo; e mentre l'abbracciava per chiederle conforto, ha letto il dolore negli occhi di colei che sapeva che quel momento sarebbe dovuto arrivare. "Da quel momento ho deciso di non parlare più di queste cose". C'è la persona disabile che decide di vivere la propria condizione inneggiandola come se volesse immolarsi al sacrificio, orgogliosa di essere la vittima di un crudele destino; c'è chi si porta dietro rabbia e frustrazione e diventa egoista, insensibile ed inavvicinabile da chi non ha colpe se non è nato disabile come lui e infine c'è chi decide di affrontare la realtà, i problemi, i dolori, i limiti senza piangersi addosso, senza vantarsene, ma semplicemente decidendo di vivere la propria vita. Ed ecco che quella persona diventa assolutamente normale. Il dolore non è una bandiera bianca da sventolare. Le frustrazioni non devono generare rabbia, ma energia e voglia di vivere. Dede mi riaccompagna alla porta di casa. Fuori, una giornata grigia e fredda di un anonimo novembre torinese. Dentro casa sua, il sole.
Dede: Andrea Pedrana.


Giovanna Spantigati

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