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Mai sotto una campana di vetro

Quante volte, in presenza di mio figlio disabile, ho dovuto prendere posizione, reagire, difenderlo anche alzando il tono di voce… quante situazioni in cui non ho potuto fare a meno di contestare quello che stava succedendo senza poterlo nascondere a lui… Arrivare a scuola e non trovare insegnanti di sostegno senza che nessuno ne fosse informato, senza sapere cosa fare… "Lo teniamo noi qui" dicono le bidelle, "Sta in ufficio con me" dice il vicepreside. Come un sacchetto di patate.

Ma lui, che di coscienza ne ha fin troppa, come deve sentirsi in una situazione del genere? Nessuno vuole pensarci. Sono pensieri scomodi. Inutili per gli altri. Fondamentali per me perché fanno parte del rispetto. Se arrabbiarmi davanti a lui può essere controproducente perché lo agita ancora di più, stare zitta e subire sarebbe peggio, per quanto possa esserci un "peggio". Seduto, davanti al gabbiotto delle bidelle, osservando che tutti si chiedono: "cosa facciamo?", già consapevole di non potersi relazionare autonomamente con gli altri, di non poter essere indipendente, vedere che oltre a questo c'è di peggio: non si sono ricordati di lui, non si sono organizzati per lui, quali sentimenti può provare? Come si può pensare che una persona in difficoltà (o chi gli sta vicino) non si arrabbi con il mondo?

Spesso i disabili sono arrabbiati, aggressivi, ma dategli torto! La dignità per loro va conquistata con le unghie e con i denti. A volte con reazioni aggressive, a volte alzando la voce. Mio padre mi insegnò: "Chi ha più buon senso lo usi" che non significa stare zitti o farsi calpestare. Non significa insegnare ad un disabile ad accettare i soprusi. Significa anche arrabbiarsi ed accettare che anche lui possa vedere la mia rabbia e farla sua. "Ma come," può pensare "mi chiedono di rispettare gli insegnanti e di studiare e poi io come vengo trattato?" E' inevitabile che anche questo messaggio gli arrivi.

Non si può e non si deve mettere una persona sotto una campana di vetro. Finita la discussione torna il sorriso, la fiducia nel mondo, la tolleranza verso gli errori altrui e l'insegnamento del rispetto. Ma nel calderone delle emozioni mai mettere la finzione o la sottomissione. La realtà può essere molto bella; più bella di un sogno. Ma per diventarlo deve essere affrontata.


Giovanna Spantigati

 
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